martedì 30 settembre 2008

Cavalli che sviluppano altri cavalli

Nell'iter formativo che porta alla crescita mentale di un puledro, fondamentale è l'incontro con un cavallo maestro.

Ma quali caratteristiche deve avere un cavallo maestro? Quali competenze vanno sviluppate? Come l'uomo può formare cavalli maestri? Come si svolge eticamente ed efficacemente questo processo?

Una delle caratteristiche principali che vanno sviluppate o lasciate intatte in un cavallo maestro è la libertà d'espressione. Questa caratteristica, questa competenza, è essenziale affinche il cavallo possa esibire il suo più colorato repertorio comportamentale, utile ad una chiara ed inequivocabile comunicazione ritualizzata con il puledro.

Un cavallo maestro è anche un leader credibile per il puledro, che afferma la sua leadership con calma, carisma ed una giusta tempistica nei comportamenti e nelle azioni che esegue.

Un cavallo maestro ha una grande affinità con il suo cavaliere, un cavaliere che non ricerca il controllo del suo cavallo, ma che ne favorisce l'iniziativa.

Un cavallo eccessivamente preciso e controllato, sottomesso al cavaliere, troppo meccanico, ben difficilmente potrebbe essere parte attiva nel processo di formazione del puledro.
Una delle prime operazioni che la persona di cavalli esperta pone in essere, è la socializzazione del puledro con il cavallo che poi l'affiancherà nella crescita. Infatti, per un determinato periodo di tempo, i due cavalli condivideranno lo stesso paddock e le medesime attività.














Poi si passa alle attività insieme all'uomo. Il cavallo maestro avrà il ruolo di traduttore e mediatore tra l'uomo ed il nuovo allievo equino.












Il percorso procede con il cavallo maestro montato ed il puledro condotto alla longia. Si inizia con le prime esperienze in campo e poi si procede con esperienze in campagna.












In questa fase può essere utile un lavoro in team, durante il quale altri cavalli esperti affiancano il cavallo maestro nel guidare l'allievo. In questo modo il puledro si sente sempre più stimolato e rassicurato e procede celermente utilizzando tutti gli elementi dell'apprendimento sociale.












Questo processo apparentemente lento, in realtà risulta essere molto veloce, perché molte forze e risorse sono messe in campo e condivise.

Un vero lavoro di squadra (chiaramente in bitless e con cavalli scalzi) che non forma solo il puledro, ma che facilita la crescita di tutti i protagonisti coinvolti, uomo compreso.



Vincere la paura è l’inizio della saggezza. ~ Bertrand Russell



2 commenti:

Alex ha detto...

Approfitto per fare un po' di pubblicità... è in corso di completamento la trascrizione de "Il cavallarizzo" di Claudio Corte su http://it.wikisource.org/wiki/Il_cavallarizzo . A proposito dell'articolo, è molto interessante che già l'autore (nel 1562) raccomandava di affiancare al puledro, appena tratto in stalla dal pascolo per la doma, e sistemato come s'usava in posta, un cavallo buono e bravo, e di usare, se possibile, proprio quel cavallo, con cui il puledro aveva familiarizzato, per le prime fasi della doma, che avvenivano portando il puledro a fianco del cavallo esperto montato.

Alex

Maria ha detto...

Un commento è doveroso. Sono stata attrice protagonista insieme e da sopra Violetta. Vorrei puntualizzare le espressioni che da questa esperienza si sono liberate. Eravamo 7 attori (4 cavalli 3 uomini); ognuno di noi doveva relazionarsi con gli altri sei in campo. Immaginiamo questa molteplicità di contatti come una ragnatela in cui ogni filo rappresenta la relazione che intercorre tra ogni attore; non c’ è capo e non c’è coda , scorre tutto sui quei fili senza inizio o fine. La situazione che ne risulta è complessa. Ma l’ obbiettivo è quello di renderla semplice. Uno spunto molto interessante è stato notare che violetta, in questa coordinazione a lei del tutto nuova, ha reagito con una morbidezza che non mi aveva mai dato prima. Era reattiva, curiosa, in attesa, pronta a sentire. Ha convertito quel suo fare bonario e e un poco rozzo e si è resa elastica. Forse ero io a sentirla meglio, senza il filtro della sella e senza la “ripicca” del morso. Forse era lei curiosa: una nuova impresa, fuori dalla sua rutine, un gruppo di lavoro. Mi ha stupita. L’altra idea divertente che mi ha dato stare con lei tra altri binomi è stato notare la sua specifica relazione con i singoli cavalli: con il maschio (Oskar) non entra in competizione ma gioca come deve a fare una femmina..tende la trappola, ammicca, e poi fa la ritrosa e direi pure l’ acidella pronta a con i suoi posteriori. Con l’altra femmina (Pioggia) è stato tutt’altro fare: si rifiutava di starle dietro quando trottavamo. Allungando il trotto o più semplicemente cercando di tagliare la strada voleva il suo posto in prima fila. ED ECCO CHE VIENE FUORI IL CAVALLO!! Non avevo capito ancora chi ci fosse dietro quell’aspetto pacifico, direi anche arrendevole, di “chi ci ha fatto l’ abitudine”. Ho visto chi è tra gli altri suoi simili, il suo spirito e il suo istinto. Ed è proprio qui che viene il bello..la danza deve continuare e il tempo e il ritmo sono quello che conta. Ma come in ogni ballo il corpo deve essere morbido, leggero, agile perché si tratta di scoprire qual’ è il tempo della musica che si sta ballando. Intendo i propri tempi, quelli del proprio cavallo e quelli del gruppo.